lunedì 12 settembre 2016

Bitcoin: il conto non si pignora

Fonte:  laleggepertutti.it


Un conto corrente è certamente il bene più appetibile per un creditore: il pignoramento di somme di denaro è, infatti, quanto di più certo possa esserci per recuperare i soldi indicati in una sentenza di condanna, in un decreto ingiuntivo o in un assegno scoperto. Ma non tutti i conti correnti sono pignorabili. In passato abbiamo parlato, ad esempio, di come sia difficile, per il creditore, pignorare il conto presso Paypal e di quali siano le tecniche dei debitori per evitare il pignoramento in banca.
In questo articolo parleremo invece dei bitcoin, la nuova moneta telematica che si usa nelle transazioni tramite internet e di come essi non siano pignorabili. Di tanto abbiamo chiesto spiegazioni a un esperto del settore, Alessandro Curioni.




Curioni è un giornalista, esperto di informatica e di sistemi di sicurezza. Autore del volume “Hacker@tack” (Jackson Libri) e di “Come Pesci nella Rete – Guida per non essere le sardine di Internet” (2016). Ha fondato, nel 2008, DI.GI. Academy, azienda specializzata nella formazione e nella consulenza nell’ambito della sicurezza informatica, della quale è azionista e Presidente.

Abbiamo conosciuto Alessandro dietro le quinte dello Studio Tre di RAIUNO, prima della diretta di una delle ultime puntate di Tempo e Denaro, trasmissione in onda alle 11 di ogni mattina, che vede impegnati Elisa Isoardi, come conduttrice, e l’avvocato Angelo Greco, direttore di La Legge per Tutti, in veste di consulente dei consumatori. È stata un’ottima occasione per conoscerlo e per rivolgergli queste domande.




Alessandro, ci puoi spiegare come funzionano i bitcoin in modo molto semplice, anche per chi non ha conoscenze informatiche?

Il bitcoin è il figlio perfetto di Internet del quale ha ereditato molte caratteristiche, ponendo delle questioni giuridiche che sono ancora oggi molto dibattute. Se volessimo trovare nel mondo reale qualcosa di simile potremmo azzardare un paragone con le raccolte punti delle carte fedeltà. Tutti sappiamo come funzionano: facciamo degli acquisti a fronte dei quali ci vengono riconosciuti dei punti che sono caricati sulla nostra carta fedeltà, poi li possiamo utilizzare per l’acquisto di beni e servizi.  La logica del bitcoin non è molto diversa. Chi partecipa attivamente al circuito (quelli che nelle raccolte punti fanno la spesa) mette a disposizione una parte delle capacità di elaborazione del suo computer per garantire il funzionamento e la sicurezza del sistema. A fronte di questo, in modo più o meno casuale, viene ricompensato con dei bitcoin che può spendere per acquistare beni e servizi da chi li accetta come forma di pagamento.


Veniamo ora alle differenze. In primo luogo non esiste un ente centrale che controlla il network. Si parla, infatti, di un sistema distribuito. In secondo, i bitcoin possono essere acquistati (hanno un cambio molto volatile, ma esistono delle società che convertono tutte le valute) cosa che non vale normalmente per le raccolte a punti. Per potere partecipare al circuito si deve disporre un wallet, l’equivalente della carta fedeltà, che però ha delle caratteristiche piuttosto particolari. La prima è l’anonimato, perché il borsellino elettronico si presenta sotto forma di una stringa in media di 33 caratteri alfanumerici (per esempio 175tWzm8K3S7NkH4Zx7hewFZLQrcZv245W) e non contiene alcun riferimento al proprietario. La seconda è la possibilità di averne infiniti. La terza è che può trovarsi ovunque dentro e fuori da Internet. Per operare con il proprio wallet si usa una chiave privata, diciamo un password segreta, con la quale si autorizzano i trasferimenti. La validità delle transazioni è garantita dal sistema stesso, poiché i partecipanti attivi (quelli che fanno la spesa nel mondo reale) diventano i “nodi” della rete, che verificano la correttezza dei trasferimenti attraverso un sistema chiamato “catena dei blocchi”. Di fatto esso tiene traccia in modo pubblico e trasparente di tutte le transazioni avvenute tra i diversi wallet. Le disposizioni di trasferimento sono irrevocabili. Teniamo presente che il bitcoin non è un caso unico, esistono altre cosiddette cryptovalute, così chiamate perché basate su sistemi di crittografia a chiavi pubbliche e private. Molti dicono che il loro successo sia dipeso dallo sviluppo della criminalità informatica, poiché le garanzie di anonimato e l’assenza di un ente centrale di controllo, rendono estremamente difficile rintracciare gli utilizzatori.




È vero che un “conto corrente” di bitcoin non può essere pignorato? Perché?

Probabilmente dal punto di vista giuridico si può fare, ma realizzarlo nella pratica è molto difficile. In primo luogo si deve sapere che il soggetto ha un wallet, e l’unico che può fornirci questa informazione è lui. Ammesso e non concesso che riuscissimo a scoprire quale sia esattamente il codice che identifica il suo borsellino elettronico dovremmo poi entrarne in possesso. Se siamo fortunati potremmo trovarlo pignorando i suoi dispositivi elettronici, ma se, come sarebbe logico, ha fatto un backup altrove, egli potrà riprendere a operare attraverso un altro dispositivo. Non esistendo un ente di controllo centrale nessuno piò impedirlo né esiste un soggetto presso cui effettuare il pignoramento presso terzi. Infine, per potere disporre dei bitcoin, dovrebbe essere così gentile da rivelarci la chiave privata.




I bitcoin vengono tassati? E se sì, come?

Proprio su questo tema lo scorso 2 settembre la nostra Agenzia delle Entrate ha fatto uscire una circolare nella quale si legge che “… Le operazioni relative ai bitcoin sono prestazioni di servizi esenti da Iva. Sul piano della tassazione diretta, invece, i ricavi che derivano dall’attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di bitcoin sono soggetti ad Ires ed Irap, al netto dei relativi costi.” Aggiunge poi che “… Per quanto riguarda i clienti persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, la risoluzione chiarisce che si tratta di operazioni a pronti che non generano redditi imponibili perché manca la finalità speculativa.”
Detto questo il tema della tassazione delle cryptovalute è ampiamente dibattuto in quasi tutti i paesi del mondo. Come spesso capita con i “prodotti” di Internet, le legislazioni non sono pronte.


Come posso utilizzare un credito di bitcoin? Ci puoi fare qualche esempio?



Nonostante molti credano che i bitcoin servano soltanto per attività illecite, è invece possibile acquistare qualsiasi cosa, basta trovare un venditore che accetti il pagamento. La situazione è in continua evoluzione e iniziano a proliferare hotel e locali pubblici che li accettano. È sufficiente fare una ricerca su Internet per trovarli. In ogni caso sono nati una serie di siti che permettono di convertire i propri bitcoin in carte regalo dei principali operatori di e commerce, a partire da Amazon. È possibile anche rivolgersi a quegli operatori che convertono le cryptovalute in valute correnti (euro o dollari), questo a meno che non vogliate provare a fare shopping nel Deep Web, ma di questo parleremo magari un’altra volta.

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